Anno scolastico ‘54/55, classe IV B del Liceo classico “G. Garibaldi” di Partinico. A scuola si andava ancora con i calzoncini corti. In quella classe e in quell'anno iniziò un percorso scolastico ed anche umano che durò prima i cinque anni della frequenza al ginnasio-liceo e poi proseguì fino al 1990 quando Salvatore lasciò i banchi del Consiglio comunale di Partinico per approdare su quelli della Provincia di Palermo dove ricoprì anche il ruolo di Assessore.
Nel Consiglio di Partinico vi era rimasto per lunghi anni e sempre da protagonista, quasi sempre al Governo della città in coalizioni con democristiani e socialisti che lo temevano ma che lo usarono spesso in chiave anticomunista. E fu con i socialisti di Sicilia che poi diventò deputato ragionale. Io in quel Consiglio, dentro il quale con lui mi ero sempre scontrato (ma anche fuori durante soprattutto le campagne elettorali), vi restai fino agli inizi del 1993. Potrei dire che le nostre vite sono state quasi due vite parallele seppur su fronti assai diversi, su fronti sempre contrapposti. Due parallele, dunque, che tuttavia e tranne che per il percorso scolastico, soprattutto politicamente non si incontrarono mai. Salvatore a scuola eccelleva ed in tutte le materie. Non c’erano per lui difficoltà, ostacoli. Era il bravo della classe, il ragazzo dall'intelligenza vivace al centro dell’attenzione assai benevola dei professori. Ma fin d’allora assai spregiudicato, che si caratterizzava per la sua innata prepotenza che altro non era se non quella spasmodica necessità di primeggiare a tutti i costi. E lui poteva in ragione delle capacità innate, dalla loquacità straordinaria , dalla capacità di convincimento. Salvatore otteneva tutto quel che voleva. A scuola come poi nella sua vita. Nessuna ragazza che lo interessava, a mia memoria, gli resisteva. E non era certo un cosiddetto Adone. Anzi. Aveva, però, una capacità di affabulazione che ne faceva sicuramente un convincente, un protagonista, un vincente. Mi dicono alcuni compagni che passò pure lui, in quella stagione e cioè alla fine degli anni ’50, dalla Federazione Giovanile Comunista allora assai presente ed organizzata a Partinico mentre suo padre, don Vincenzo, fu consigliere comunale. La politica, insieme alle donne, la sua grandissima passione. Comprese subito che il PCI era destinato all'opposizione per sempre e lui, invece, voleva il potere, il governo, la possibilità di decidere. E decidere subito. Dunque lo spazio politico non poteva che essere se non in un Partito di governo. E l’occasione arrivò presto. A Partinico esisteva un piccolissimo nucleo di aderenti al Partito Repubblicano. Giovanni Suriano, un artigiano assai conosciuto in città, ne era il rappresentante. Vi entrò e vi entrò subito da protagonista. In un piccolo Partito una intelligenza quale la sua ebbe subito spazio. Prima con l’on. Tepedino di cui fu collaboratore e poi con Aristide Gunnella. Nel giro di qualche anno diventò un protagonista della vita politica cittadina. Conquistò spazi elettorali inimmaginabili sottraendoli soprattutto all’influenza del PCI. Straordinaria la capacità di conquistare il “quartiere rosso” di via Madonna del Ponte. Un quartiere dove, da sempre, si votava in massa per il PCI, e soprattutto per l’avvocato Nené Varvaro (ed anche Mimì Bacchi), che durante gli anni del banditismo assunse in maniera disinteressata la difesa di tanti allevatori (“i vaccara”) che caratterizzavano la composizione sociale di quel pezzo periferico di città quasi ai margini dei processi di civiltà. L’occasione gliela offrì un’ordinanza di un Sindaco di cui non ricordo ora il nome il quale aveva vietato ai vaccara di circolare in città per vendere il latte. Si mise spregiudicatamente alla testa di quel movimento “disobbediente” ed entrò all'interno di un’area sociale che fece, poi, le sue fortune elettorali. In quel quartiere, poi, all'inizio degli anno ’70 trovò ausilio in alcune famiglie che di fatto avevano assunto il controllo della sofisticazione del vino e che lo sostennero per lunghissimi anni. Poi ruppe col PRI di Gunnella e transitò nel PSDI. Dal PSDI del senatore Vizzini al Partito dei socialisti siciliani e, quindi, dentro all’ARS da cui non è uscito più. Il resto è storia nota. Salvatore Cintola è stato un “genio”di una certa politica. Quella fatta di spregiudicatezza, cinismo, di trasformismo ma anche di atti di generosità. Ha saputo gestire i meccanismi del “potere”che offrivano i Comuni, la Provincia e la Regione soprattutto durante Prima Repubblica. Ma anche dopo. E lo ha fatto come pochi altri. Ha compreso la fragilità economica del nostro Sud, i suoi bisogni, le aspettative di ciascun padre di famiglia alla ricerca disperata di un lavoro per se e per i propri figli costruendo attorno a queste necessità macchine elettorali straordinarie fondate, però, non solo sulla gestione del potere e la sua diffusione ma anche sul reale consenso. Genio "politico" ma anche sregolatezza. Nella mia vita e per ragioni diverse non mi sono mai sentito di giudicare le debolezze degli altri. Così come ora, in questa occasione, non mi sento di giudicare quelle dell’on. Cintola che ha tutto il diritto di vivere la sua vita privata come ritiene più opportuno. Peccato, però. Peccato per quel mio compagno di scuola col quale, a volte, si studiava avendo anche l’ausilio della mamma “la maestra Cintola”, una donna straordinaria per temperamento e cultura, e con il quale durante il Carnevale solevamo “vestirci in maschera” e girare per le abitazioni delle nostre compagne avendo quale “bastoni ere” il caro Peppe Di Trapani che fu medico ad Udine ed anche Consigliere provinciale del PCI e che ci ha prematuramente lasciato. E insieme a lui il ricordo di Gino Balducci, Ciccio Lo Iacono, Franco Casoria morto mentre da Borgetto con la sua vespa veniva a scuola (eravamo al terzo anno di liceo) scontrandosi con una macchina. E poi Anna Di Maggio, Franco Bacchi , Bozzo, Favazza e tanti e tanti della nostra generazione che, per certi versi, fu anche una generazione fortunata. Vivevamo in un Paese che iniziava un processo di crescita economica, sociale e culturale non più ripetibile. Molti di noi preferirono la "mediocrità" altri, come Salvatore, hanno scelto di vivere al di fuori e al di sopra degli schemi. Non mi sento, ovviamente, di giudicare se non per quel che riguarda le scelte e gli atti della sua "politica". Quelle si, quelle mi sento ancora ad oggi di avere il diritto di censurare così come ho sempre fatto per tanti lunghissimi anni.
Nel Consiglio di Partinico vi era rimasto per lunghi anni e sempre da protagonista, quasi sempre al Governo della città in coalizioni con democristiani e socialisti che lo temevano ma che lo usarono spesso in chiave anticomunista. E fu con i socialisti di Sicilia che poi diventò deputato ragionale. Io in quel Consiglio, dentro il quale con lui mi ero sempre scontrato (ma anche fuori durante soprattutto le campagne elettorali), vi restai fino agli inizi del 1993. Potrei dire che le nostre vite sono state quasi due vite parallele seppur su fronti assai diversi, su fronti sempre contrapposti. Due parallele, dunque, che tuttavia e tranne che per il percorso scolastico, soprattutto politicamente non si incontrarono mai. Salvatore a scuola eccelleva ed in tutte le materie. Non c’erano per lui difficoltà, ostacoli. Era il bravo della classe, il ragazzo dall'intelligenza vivace al centro dell’attenzione assai benevola dei professori. Ma fin d’allora assai spregiudicato, che si caratterizzava per la sua innata prepotenza che altro non era se non quella spasmodica necessità di primeggiare a tutti i costi. E lui poteva in ragione delle capacità innate, dalla loquacità straordinaria , dalla capacità di convincimento. Salvatore otteneva tutto quel che voleva. A scuola come poi nella sua vita. Nessuna ragazza che lo interessava, a mia memoria, gli resisteva. E non era certo un cosiddetto Adone. Anzi. Aveva, però, una capacità di affabulazione che ne faceva sicuramente un convincente, un protagonista, un vincente. Mi dicono alcuni compagni che passò pure lui, in quella stagione e cioè alla fine degli anni ’50, dalla Federazione Giovanile Comunista allora assai presente ed organizzata a Partinico mentre suo padre, don Vincenzo, fu consigliere comunale. La politica, insieme alle donne, la sua grandissima passione. Comprese subito che il PCI era destinato all'opposizione per sempre e lui, invece, voleva il potere, il governo, la possibilità di decidere. E decidere subito. Dunque lo spazio politico non poteva che essere se non in un Partito di governo. E l’occasione arrivò presto. A Partinico esisteva un piccolissimo nucleo di aderenti al Partito Repubblicano. Giovanni Suriano, un artigiano assai conosciuto in città, ne era il rappresentante. Vi entrò e vi entrò subito da protagonista. In un piccolo Partito una intelligenza quale la sua ebbe subito spazio. Prima con l’on. Tepedino di cui fu collaboratore e poi con Aristide Gunnella. Nel giro di qualche anno diventò un protagonista della vita politica cittadina. Conquistò spazi elettorali inimmaginabili sottraendoli soprattutto all’influenza del PCI. Straordinaria la capacità di conquistare il “quartiere rosso” di via Madonna del Ponte. Un quartiere dove, da sempre, si votava in massa per il PCI, e soprattutto per l’avvocato Nené Varvaro (ed anche Mimì Bacchi), che durante gli anni del banditismo assunse in maniera disinteressata la difesa di tanti allevatori (“i vaccara”) che caratterizzavano la composizione sociale di quel pezzo periferico di città quasi ai margini dei processi di civiltà. L’occasione gliela offrì un’ordinanza di un Sindaco di cui non ricordo ora il nome il quale aveva vietato ai vaccara di circolare in città per vendere il latte. Si mise spregiudicatamente alla testa di quel movimento “disobbediente” ed entrò all'interno di un’area sociale che fece, poi, le sue fortune elettorali. In quel quartiere, poi, all'inizio degli anno ’70 trovò ausilio in alcune famiglie che di fatto avevano assunto il controllo della sofisticazione del vino e che lo sostennero per lunghissimi anni. Poi ruppe col PRI di Gunnella e transitò nel PSDI. Dal PSDI del senatore Vizzini al Partito dei socialisti siciliani e, quindi, dentro all’ARS da cui non è uscito più. Il resto è storia nota. Salvatore Cintola è stato un “genio”di una certa politica. Quella fatta di spregiudicatezza, cinismo, di trasformismo ma anche di atti di generosità. Ha saputo gestire i meccanismi del “potere”che offrivano i Comuni, la Provincia e la Regione soprattutto durante Prima Repubblica. Ma anche dopo. E lo ha fatto come pochi altri. Ha compreso la fragilità economica del nostro Sud, i suoi bisogni, le aspettative di ciascun padre di famiglia alla ricerca disperata di un lavoro per se e per i propri figli costruendo attorno a queste necessità macchine elettorali straordinarie fondate, però, non solo sulla gestione del potere e la sua diffusione ma anche sul reale consenso. Genio "politico" ma anche sregolatezza. Nella mia vita e per ragioni diverse non mi sono mai sentito di giudicare le debolezze degli altri. Così come ora, in questa occasione, non mi sento di giudicare quelle dell’on. Cintola che ha tutto il diritto di vivere la sua vita privata come ritiene più opportuno. Peccato, però. Peccato per quel mio compagno di scuola col quale, a volte, si studiava avendo anche l’ausilio della mamma “la maestra Cintola”, una donna straordinaria per temperamento e cultura, e con il quale durante il Carnevale solevamo “vestirci in maschera” e girare per le abitazioni delle nostre compagne avendo quale “bastoni ere” il caro Peppe Di Trapani che fu medico ad Udine ed anche Consigliere provinciale del PCI e che ci ha prematuramente lasciato. E insieme a lui il ricordo di Gino Balducci, Ciccio Lo Iacono, Franco Casoria morto mentre da Borgetto con la sua vespa veniva a scuola (eravamo al terzo anno di liceo) scontrandosi con una macchina. E poi Anna Di Maggio, Franco Bacchi , Bozzo, Favazza e tanti e tanti della nostra generazione che, per certi versi, fu anche una generazione fortunata. Vivevamo in un Paese che iniziava un processo di crescita economica, sociale e culturale non più ripetibile. Molti di noi preferirono la "mediocrità" altri, come Salvatore, hanno scelto di vivere al di fuori e al di sopra degli schemi. Non mi sento, ovviamente, di giudicare se non per quel che riguarda le scelte e gli atti della sua "politica". Quelle si, quelle mi sento ancora ad oggi di avere il diritto di censurare così come ho sempre fatto per tanti lunghissimi anni.
Toti Costanzo
2 commenti:
Complimenti, caro Toti, per questo Tuo commento equilibrato, misurato, umano, saggio, obiettivo, memore di un personaggio che, comunque, resta nella storia politica della "nostra" città e che, ho saputo, in atto sta in bruttissime condizioni di salute ( a parte l'odierna vicenda riportata sui quotidiani )!
un affresco di una partinico che respirava ancora l'odore della campagna, che proprio per questo "sentiva" il passaggio delle stagioni... colori e luci adesso sbiaditi e volti sfumati negli attuali shampati e bellocci poltici modello manager a tutti i costi.. la partinico che resta la mia terra anche se sono assente da tanti decenni. grazie dottor costanzo
P.S. ricordo un aneddoto con protagonista la prof.sa Crapisi...
Posta un commento