Vincenzinone non ne faceva passare una. Tu sostenevi "ca' 'u sceccu vola" e lui a dire immediatamente: "Ma quando mai!Non esiste!". Tu dicevi che su quel problema il Sindaco si impegnava ad intervenire? E lui a botto: "Impegno si', ma hic et nunc". Tu balbettavi che non tutti i politici di AN sono fascisti? E lui a cantare "Faccetta nera" e "Allarm siam fascisti, paraponziponzipò".
Camicione con prolunga alle ginocchia per ampia copertura, corredo aggiuntivo rigorosamente nero con qualche venatura di grigio perla, baffetto e pizzo in crescita alla: "Triumviro Emilio del Bono: presente!"
Un sicuro, intransigente, determinato camerata. A seguirlo, il "fido" di tante battaglie, l'uomo cui puoi affidare anche le galline ovaiole sapendo che non le sarebbero state toccate nemmeno "na' pinna" e i cui destini s'incrociarono fin dalla frequenza alla scuola media quando, alla guida di un manipolo, assaltarono con lancio di uova il Palazzo al grido di: "Eia, eia, alalà. Abbasso il Sindaco Geraci e il suo Assessore comunista".
Un inizio di carriera all'insegna del fuoco di simboliche barricate che non ebbe più sosta e che lo vide protagonista oltre che scrittore, redattore, diffusore di memorabili, gustose incisive, efficaci invettive contro l'odiato-amato Sindaco Giugio reo di avere inglobato, costui, con incarico di vice il funambolico, fantasista, maradonico Vincenzino saltali' - saltalà .
Una carriera allietata, però, dall'organizzazione di feste, festini, concerti folk, rock, pop, tango argentino e, perfino, musica tziagana ma sempre al grido di "Chi si ferma é peduto".
Ma Vincenzinone era sempre al punto di partenza: Giovannino gli sfuggì quasi subito, i "fratelli" nemmeno a parlarne, così come Francesco, Salvatore, Domenico, Matteo, Peppino dentro e fuori il Partito in un turn-over incessante e sfiancante. Gli restava il "fido" che intanto aveva trovato un fortunoso rifugio in Consiglio. Na "ngagghidda", come si suole dire, ma preludio di una più fulgida carriera. Ma qualcuno ci iccau 'u picchiu e nel giro di due anni é fora comu 'u quararuni. Peccato, davvero peccato perhé "l'ombra" era un efficace oppositore: fantasista della parola, dei gesti, dello scritto, effervescente come la magnesia S. Pellegrino. Una spina nel fianco di Peppone e della sua sgangherata ciurma.
Poi, finalmente, arriuvò LUI, il Cavaliere che da predellino lanciò la parola d'ordine: "Amici, camerati, compagni. Assemblatevi".
Le parole arrivarono fin nel profondo delle visceri come il balsamico aceto Ponti. Convinse tutti e soprattutto convinse lui che convocò e disse: "Camerati, cca ccé pilu pi' tutti" nel senso che i contrasti tra i generali di F.I. (Filippino, Enzuccio, Dieguccio, Pinuzzu, Pitruzzu Giusippuzzu, Viutuzzu) erano così tanti e senza via di ritorno, che gli permise di introdursi, quatto quatto, lemme lemme, silenziosamente, caparbiamente, con circospezione.
Si presentò e disse: "Son quà, son quà, son quà solo per voi!". Andò bene anzi a meraviglia al punto che perfino l'onorevole Salvino prezzemolino, di cui é diventato figlioccio devoto, stentava a crederci.
Ora il camicione é diventato camicia e di colore rigorosamente luminoso, la cravatta sempre, occhiali con montatura tartaruga caretta-caretta, baffetto e pizzo simil Gnazinu La Russa. Rivisitato e restaurato come " 'un mobilucciu".
Cosa fà? Ma come cosa fà! Presiede cerimonie "Patria, famiglia e Re", distribuisce coppe, targhe attestati, ascolta molto e parla poco.
"Beddamatriii! Allura Vincenzinone 'a Provincia s'abbaffau? S'abbaffau, S'abbaffau!"
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