Quelli che non conoscono bene quella vicenda sono convinti che, davvero, il Palazzo Scalia di Piazza Duomo immortalato nel film “Il giorno della civetta” ,sia stato demolito perché ritenuto PERICOLOSO PER L'INCOLUMITA' DEI CITTADINI .Fu questa, infatti, la versione ufficiale che la malapolitica in un intreccio perverso con la mafia locale (siamo nell'anno 1976) volle propinare ai gonzi con lo scopo di “impapucchiari” anche quelli in perfetta buona fede che , però, avrebbero potuto porsi la semplice domanda: ma perché questo miserabile delitto ?Coinvolti nella criminale vicenda un pezzo della politica locale ( di maggioranza ma anche brandelli dell'opposizione ) ,alcuni uffici del Comune, la Commissione edilizia .
Ovviamente in primis l'Amministrazione comunale .Tutti sentenziarono solennemente con tanto di carta e bolli che il palazzo era pericolante. In una notte fu raso al suolo ,ovviamente con piena soddisfazione delle famiglie Nania e Di Giorgio che erano divenuti proprietari dell'immobile e nella sostanziale indifferenza di tanti il cui livello di sensibilità era lo stesso che manifestarono quando ,con il Centro studi e ricerche , ci battemmo perché alcune vie venissero ripavimentate cosi' come erano nate e cioé con basole e ciotoli: via Barone del grano, via Ecce Homo, via Carmelo Pardi .Ci dissero: “Minchia, ma sempre vuatri comunista siti ca' vi mmiscati e siti contru 'u progressu?” Il progresso era ,ovviamente, la più semplice ed economica pavimentazione con asfalto ,cosa assai più redditizia per la mafia locale che gestiva TUTTI I LAVORI PUBBLICI nel nostro Comune col massimo profitto . Scompariva , dunque, un pezzo della storia culturale ed urbanistica della città. Un pezzo anche della mia storia personale in quanto quel palazzo mi era assai caro e non solo per i miei primi comizi ma perché in uno degli ambienti a piano terra , lo zio Salvatore Ciravolo gestiva un negozio di materiali per l'agricoltura . Sosta obbligata tutte le volte che da Terrasini con i miei genitori e fratelli scendevamo dall'autobus del signor Di Bari che faceva la spola tra la stazione ferroviaria e Piazza Duomo. Un saluto allo zio il quale non faceva mancare mai a noi ragazzini un cono assai gradito per la nota bontà del gelato di Partinico.
Ovviamente in primis l'Amministrazione comunale .Tutti sentenziarono solennemente con tanto di carta e bolli che il palazzo era pericolante. In una notte fu raso al suolo ,ovviamente con piena soddisfazione delle famiglie Nania e Di Giorgio che erano divenuti proprietari dell'immobile e nella sostanziale indifferenza di tanti il cui livello di sensibilità era lo stesso che manifestarono quando ,con il Centro studi e ricerche , ci battemmo perché alcune vie venissero ripavimentate cosi' come erano nate e cioé con basole e ciotoli: via Barone del grano, via Ecce Homo, via Carmelo Pardi .Ci dissero: “Minchia, ma sempre vuatri comunista siti ca' vi mmiscati e siti contru 'u progressu?” Il progresso era ,ovviamente, la più semplice ed economica pavimentazione con asfalto ,cosa assai più redditizia per la mafia locale che gestiva TUTTI I LAVORI PUBBLICI nel nostro Comune col massimo profitto . Scompariva , dunque, un pezzo della storia culturale ed urbanistica della città. Un pezzo anche della mia storia personale in quanto quel palazzo mi era assai caro e non solo per i miei primi comizi ma perché in uno degli ambienti a piano terra , lo zio Salvatore Ciravolo gestiva un negozio di materiali per l'agricoltura . Sosta obbligata tutte le volte che da Terrasini con i miei genitori e fratelli scendevamo dall'autobus del signor Di Bari che faceva la spola tra la stazione ferroviaria e Piazza Duomo. Un saluto allo zio il quale non faceva mancare mai a noi ragazzini un cono assai gradito per la nota bontà del gelato di Partinico.
Ma perché questa lunga premessa? Perché cambiano gli uomini, le epoche, le condizioni di vita ma “i saccunara” ( dal latino “saccus” cioé ampio contenitore dentro cui infilare di tutto e di più e “narus” cioé corsa e ,dunque, CORSA AL SACCO ) che é una categoria che nella nostra città si riproduce all'infinito come nelle reazioni chimiche , resiste, sfida il tempo ritornando alla carica e facendo danno . Questa volta l'attacco é ai pini del viale Aldo Moro che partono da via Matteotti . La vicenda la racconteremo più ampiamente in altro post. Ora ne accenniamo. Lunedi' scorso é stata convocata dal suo Presidente ,il consigliere Vito Giuliano, una Commissione “aperta” anche ai Partiti non rappresentati in Consiglio e alle associazioni ambientaliste. Si é avuta subito l'impressione che l'Assessore al verde cercasse adesioni a sostegno di una operazione che doveva concludersi ,con molta probabilità ,CON L'ASSENSO AD ABBATTERE TUTTI I PINI . Dice l'assessore: i pini recano danno alle abitazioni, costituiscono pericolo per la viabilità ,c'é di già un cittadino che richiede i danni . Rispondiamo: analizziamo la situazione della eventuale pericolosità verificando pino per pino attraverso un intervento conoscitivo di esperti. Solo cosi' si può decidere del “che fare?”Si conviene e saremo riconvocati. Ma noi manifestiamo la preoccupazione CHE ABBIANO GIA' DECISO DI ABBATTERLI per una precisa ragione: in quella sede un consigliere comunale HA DENUNCIATO COME,PARE, SIANO GIA' STATE RECISE LE GROSSE RADICI SUPERFICIALI che li sostengono. Come a dire: senza radici forti diventano pericolosi ,dunque abbattiamoli . D'altronde l'Assessore Barbici é stato preso “in castagna” nel senso che si é lasciato scappare: “abbiamo già contattato una impresa che taglia gli alberi. Il lavoro sarebbe a costo zero per il Comune perché si accontenterebbero della legna recisa ” Capite? Hanno deciso creando le stesse condizioni del 1976 quando trovarono la giustificazione per abbattere Palazzo Scalia. Ma neppure questa volta se la" faranno franca".Avvertiamo Lo Biundo e gli zuini che se hanno queste intenzioni li additeremo al disprezzo pubblico perché la storia si ricordi di loro alla stregua di quelli che si sono portati PER SEMPRE appresso la vergogna per avere ucciso il Palazzo di don Mariano del "Giorno della civetta".
Toti Costanzo
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