Avevo anticipato, in un recente post, di ricostruire seppur sommariamente il percorso che portò nel 2005 alla elezione di Salvo Lo Biundo a Presidente del Consiglio comunale di Partinico durante la sindacatura Motisi. Mantengo l’impegno assunto con i lettori aggiungendo che senza quella elezione Lo Biundo non sarebbe diventato MAI Sindaco dell città.
Dice l’Ordinamento degli Enti locali che, eletto il Sindaco, nella prima seduta del Consiglio comunale questo elegge il Presidente ed il Vice Presidente dell’assemblea consiliare. Giuseppe Motisi era stato eletto Sindaco della Città vincendo un ballottaggio che lo aveva visto contrapposto a Vito Di Marco. E vinceva perché sostenuto da un’ampia alleanza che si fondava, principalmente, sull'accordo tra Margherita, Rifondazione Comunista ed i DS. Insieme a queste forze anche il PRI di Franco Cangemi, l’UDEUR, i Verdi, una Lista capeggiata dall'ing. Enzo Bonomo insieme ai Comunisti Italiani, Socialismo e Libertà e il gruppo di “Salvare Partinico” promosso da Gigia Cannizzo. Gli "artigiani" scelgono la coalizione all’ultimo momento e solo perché Rifondazione, per averli a sostegno, aveva posto con forza la nomina di Giuseppe Varvaro a vice Sindaco, carica rihiesta dai DS. D’altronde, dicevamo allora per convincere i Democratici di Sinistra, Varvaro seppur espressione di una Lista civica tuttavia proveniva dal PCI ed era, di fatto, nel loro Partito. L’incontro decisionale ebbe luogo nello studio di Mommo Ferrara, che dei DS allora era il segretario.
La coalizione elesse 8 consiglieri su 30. Dunque, un Consiglio comunale nel quale si era in netta minoranza. E con quei numeri il centro destra avrebbe potuto eleggere senza alcun problema le due cariche istituzionali.
Motisi convoca il Consiglio MA NON CONVOCA il Coordinamento politico dei Partiti e Liste che lo avevano sostenuto con lo scopo di scegliere la linea politica da tenere in relazione alle due elezioni. Solo a pochi giorni dalla seduta del Consiglio, e perpetuandosi un inconcepibile silenzio del Sindaco e soprattutto del suo Partito, Rifondazione Comunista chiede la convocazione del Coordinamento. E per tre ragioni. La prima: la coalizione aveva il dovere di decidere e dunque scegliere i suoi candidati, seppur perdenti in partenza, da contrapporre al centro destra; la seconda: sempre più insistente correva voce di un accordo seppur non palese tra il Sindaco e l’UDC, uscito sconfitto dalle elezioni, con lo scopo di eleggere quale Presidente il dott. Gaetano La Corte e come suo vice, Renzo Di Trapani; la terza: risultava sempre più concreta una rottura verticale tra i consiglieri del centro destra e, si sapeva, che almeno 9 di questi erano disponibili a rompere ed allearsi con la nostra coalizione a condizione che ad indicare le due cariche fosse quel gruppo. Il dibattito dentro il Coordinamento fu duro. Il Partito della Margherita sosteneva la linea che ad eleggere le due cariche istituzionali dovesse prevalere il principio “dell’accordo tra i Partiti” e nello specifico l’accordo con l’UDC, il Partito a loro dire, più organizzato e rappresentativo. Una tale proposta, in altri contesti politici e temporali, poteva avere un suo significato e quindi accolta ma in quel momento risultava sospetta non solo per le “dicerie di accordo sottobanco” cosa, se vera, oltremodo sconveniente ma perché era a tutti noto come Margherita ed UDC altro non erano se non due pezzi storici della vecchia DC che, seppur nei contrasti, non avevano mai smesso di “sentirsi e di dialogare”. D’altronde quando Motisi estromesse il nostro Partito dalla Giunta uno dei suoi primi atti politici, dopo la crisi, fu quello di incontrare ufficialmente una delegazione dell’UDC guidata dal suo segretario Enza Maria Romano e con la significativa presenza di Vito Di Marco. E non si trattava, certo, di visita di cortesia. Dunque la linea di Rifondazione proponeva un accordo con il pezzo “autonomo” dei consiglieri di centro destra in quanto forte era la preoccupazione che la ricomposizione di tutta l’area avrebbe potuto avere quale probabile conseguenza la sfiducia a Motisi e, quindi, la fine di una esperienza per la quale Rifondazione si era spesa in maniera straordinaria convinti che si trattava di un’occasione non facilmente ripetibile in una città come Partinico. Aggiungevamo che, seppur l’accordo non poteva definirsi politico ma “interessato”, questo poteva rappresentare, per quel gruppo svincolato da F.I e UDC, l’inizio di una “autonomia” e qualificazione politica configurandosi, nel prosieguo, quale forza politica capace di dialogare con la nostra coalizione e mettere fine allo strapotere elettorale del centro destra a Partinico. Ovviamente si trattava di una ipotesi probabile ma non certa. Passò la nostra linea e fu dato incarico a Renzo Di Trapani e Giuseppe Speciale di portare avanti i contatti e, dunque, la trattativa con i 9. In Consiglio, dopo l'accordo trovato, ai nove voti di quel pezzo di centro destra si aggiunsero gli otto della nostra coalizione determinando, così, l’elezione a Presidente di Salvo Lo Biundo e, quale suo vice, Giuseppe Lo Baido i due consiglieri che quel raggruppamento aveva scelto. Ovviamente quella maggioranza nominò anche i Revisori dei conti e le Commissioni consiliari.
Fin qui sinteticamente i fatti così come accaddero anche se, poi, il percorso politico-amministrativo della Giunta Motisi andò in ben altra direzione (così come il percorso dei 9) e con una ingloriosa fine. Ma questa, come suole dire Pino Maniaci, è un’altra storia, che se interessa racconterò quanto prima.
N.B. Ovviamente partecipammo anche noi COMUNISTI, invitati, al rinfresco offerto all'Arabesque da Salvo Lo Biundo la stessa sera della sua elezione.
La coalizione elesse 8 consiglieri su 30. Dunque, un Consiglio comunale nel quale si era in netta minoranza. E con quei numeri il centro destra avrebbe potuto eleggere senza alcun problema le due cariche istituzionali.
Motisi convoca il Consiglio MA NON CONVOCA il Coordinamento politico dei Partiti e Liste che lo avevano sostenuto con lo scopo di scegliere la linea politica da tenere in relazione alle due elezioni. Solo a pochi giorni dalla seduta del Consiglio, e perpetuandosi un inconcepibile silenzio del Sindaco e soprattutto del suo Partito, Rifondazione Comunista chiede la convocazione del Coordinamento. E per tre ragioni. La prima: la coalizione aveva il dovere di decidere e dunque scegliere i suoi candidati, seppur perdenti in partenza, da contrapporre al centro destra; la seconda: sempre più insistente correva voce di un accordo seppur non palese tra il Sindaco e l’UDC, uscito sconfitto dalle elezioni, con lo scopo di eleggere quale Presidente il dott. Gaetano La Corte e come suo vice, Renzo Di Trapani; la terza: risultava sempre più concreta una rottura verticale tra i consiglieri del centro destra e, si sapeva, che almeno 9 di questi erano disponibili a rompere ed allearsi con la nostra coalizione a condizione che ad indicare le due cariche fosse quel gruppo. Il dibattito dentro il Coordinamento fu duro. Il Partito della Margherita sosteneva la linea che ad eleggere le due cariche istituzionali dovesse prevalere il principio “dell’accordo tra i Partiti” e nello specifico l’accordo con l’UDC, il Partito a loro dire, più organizzato e rappresentativo. Una tale proposta, in altri contesti politici e temporali, poteva avere un suo significato e quindi accolta ma in quel momento risultava sospetta non solo per le “dicerie di accordo sottobanco” cosa, se vera, oltremodo sconveniente ma perché era a tutti noto come Margherita ed UDC altro non erano se non due pezzi storici della vecchia DC che, seppur nei contrasti, non avevano mai smesso di “sentirsi e di dialogare”. D’altronde quando Motisi estromesse il nostro Partito dalla Giunta uno dei suoi primi atti politici, dopo la crisi, fu quello di incontrare ufficialmente una delegazione dell’UDC guidata dal suo segretario Enza Maria Romano e con la significativa presenza di Vito Di Marco. E non si trattava, certo, di visita di cortesia. Dunque la linea di Rifondazione proponeva un accordo con il pezzo “autonomo” dei consiglieri di centro destra in quanto forte era la preoccupazione che la ricomposizione di tutta l’area avrebbe potuto avere quale probabile conseguenza la sfiducia a Motisi e, quindi, la fine di una esperienza per la quale Rifondazione si era spesa in maniera straordinaria convinti che si trattava di un’occasione non facilmente ripetibile in una città come Partinico. Aggiungevamo che, seppur l’accordo non poteva definirsi politico ma “interessato”, questo poteva rappresentare, per quel gruppo svincolato da F.I e UDC, l’inizio di una “autonomia” e qualificazione politica configurandosi, nel prosieguo, quale forza politica capace di dialogare con la nostra coalizione e mettere fine allo strapotere elettorale del centro destra a Partinico. Ovviamente si trattava di una ipotesi probabile ma non certa. Passò la nostra linea e fu dato incarico a Renzo Di Trapani e Giuseppe Speciale di portare avanti i contatti e, dunque, la trattativa con i 9. In Consiglio, dopo l'accordo trovato, ai nove voti di quel pezzo di centro destra si aggiunsero gli otto della nostra coalizione determinando, così, l’elezione a Presidente di Salvo Lo Biundo e, quale suo vice, Giuseppe Lo Baido i due consiglieri che quel raggruppamento aveva scelto. Ovviamente quella maggioranza nominò anche i Revisori dei conti e le Commissioni consiliari.
Fin qui sinteticamente i fatti così come accaddero anche se, poi, il percorso politico-amministrativo della Giunta Motisi andò in ben altra direzione (così come il percorso dei 9) e con una ingloriosa fine. Ma questa, come suole dire Pino Maniaci, è un’altra storia, che se interessa racconterò quanto prima.
N.B. Ovviamente partecipammo anche noi COMUNISTI, invitati, al rinfresco offerto all'Arabesque da Salvo Lo Biundo la stessa sera della sua elezione.
1 commento:
Un proverbio antico così recita:
" A cavulu persu e brocculu sciurutu chiddu chi cia fattu cia pirdutu" questo nobile paese non merita niente
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