“Ipocrisia è fingere buoni sentimenti o virtù che non si hanno”. L’ipocrita è non solo quello che non potrà essere mai ma anche quello che vorrebbe apparire. E questa mattina nell’area antistante la chiesa di S.Giuseppe, e a due passi da via Grata, si è avuta la certezza che la nostra città è governata da un grumo di pericolosa ipocrisia e di sconsiderato ruffianesimo. La città è oggi governata da personaggi che manifestano sentimenti che hanno lo scopo ben preciso che è quello di operare “in modo bassamente servile con qualcuno per ottenere vantaggi” (Rizzoli-Larousse). Ora appare del tutto evidente che alcune azioni di per se nobili hanno bisogno, per essere tali, che a darle vita siano coloro i quali nulla hanno di che rimproverarsi. Uomini limpidi non solo nei sentimenti anche politici ma di storie personali leggibili e al di sopra di ogni sospetto. Se dietro di me ho costruito un percorso fatto di chiare e precise azioni e testimonianze inequivocabili allora appare del tutto evidente che le cose similari che farò dopo saranno non solo convincenti ma anche cariche di significato e nobiltà. In caso contrario, se cioè avrò fatto un’azione senza che questa abbia avuto un precedente PERCHE’ QUEL PRECEDENTE NON HO VOLUTO per miserabili ragioni, allora quell’azione è soltanto carica di ipocrisia e ruffianesimo per inqualificabili finalità. Quel che appare ancor più grave è che il ruffianesimo, per essere tale, ha anche la necessità di “ usare” al fine di raggiungere il suo scopo, proprio l’oggetto dell’azione ruffiana che nel nostro caso, di cui dirò, sono proprio quelle Istituzioni dello Stato come le forze dell’ordine – nella fattispecie l’Arma dei Carabinieri - ed, ovviamente, anche cittadini e la scuola vittime di un vero e proprio raggiro come è, appunto, accaduto questa mattina. E c’è un momento nella vita di ciascuno di noi che bisogna dire cose anche dure, crude senza girare attorno alle parole o moderarle come a volte capita anche a noi. E dirle, seppur sappiamo che le parole sono pietre.
Questa mattina una targa marmorea è stata apposta sulla parete della via Grata quando questa confluisce nel Corso dei Mille e che indicava il nome di Vincenzo Miserendino, carabiniere. Una targa alla presenza di rappresentanti di Istituzioni, forze dell’ordine, cittadini e bambini della scuola accompagnati dai loro insegnanti. Le ragioni per cui viene ricordato in questo modo un giovane carabiniere di ventuno anni scampato ai campi di concentramento della seconda guerra mondiale ma massacrato nel nostro territorio dalle raffiche di mitra della banda Giuliano, potrebbe sembrare, dunque, una cosa assai nobile. Ma, ammesso che lo sia per noi seppur a lui Partinico non abbia dato i natali, a maggior ragione AVREBBE DOVUTO ESSERLO di già per la sua città, Petralia Soprana. Con rammarico abbiamo appreso questa mattina dal Sindaco Santo Inguaggiato che fu anche segretario provinciale della CGIL scuola, che a quel suo giovane concittadino morto nell’adempimento del suo dovere, Petralia ad oggi non aveva intitolato alcunché. Solo dopo la cerimonia di Partinico é certo che lo ricorderà , a quanto pare, una scuola che a lui sarà intitolata. Ci sarebbe da dire: meglio tardi che mai. Vincenzo, dunque, per 64 anni (è stato ucciso l’8 gennaio del 1946) era stato dimenticato anche dalla sua città per cui onorandolo noi oggi - a prescindere dalle vere ragioni che hanno spinto Lo Biundo e la sua compagnia a farlo - sarà finalmente perennemente ricordato almeno a Petralia che riscoprirà la storia del suo ragazzo divenuto uomo molto presto per finire massacrato dalla banda Giuliano. E sono certo che ne ricorderanno la vita, quel che fu la generazione alla quale Vincenzo appartenne, le sue tribolazione, la partecipazione ad una guerra ingiusta ed anche infame voluta del fascismo che lasciò macerie ed anche lutti. E di lui se ne ricorderanno, insieme alla sua famiglia, quelli che furono i suoi amici e, infine, la sua comunità. E’ assolutamente certo che Petralia riscoprirà Vincenzo Miserendino - ed é giusto che sia così - perché in quella sua città aveva ed ha ancora le sue radici. Ma a Partinico? A Partinico Vincenzo oggi è stato ricordato ( fino a quando?) ed onorato dai suoi commilitoni vecchi e i nuovi. Ma il carabiniere Miserendino, che quì casualmente lasciò la sua vita, VA DETTO CON CHIAREZZA E SENZA ALCUN INFINGIMENTO, oggi a Partinico è stato “usato” da un misto di ipocrisia e di ruffianesimo interessato da parte di un gruppo che intende davanti gli occhi delle forze dell'ordine, e per ragioni assai comprensibili, apparire per quel che non é e cioé rispettoso della legalità e contro la mafia. Si tratta, ovviamente, di semplice, fumose, espressioni verbali cariche solo di furberia ed accompagnate da parole vuote come vuote sono le loro storie personali.
Questa mattina i miei giovani compagni, durante lo svolgimento di quella cerimonia, hanno compiuto un gesto di grande serietà, responsabilità ed opportunità politica difficilmente riscontrabile in tanti altri della loro generazione che la politica “usano” per finalità personali come hanno usato il giovane carabiniere. Hanno esposto uno striscione ricordando alla città che ancora ad oggi Giuseppe Casarrubea e Vincenzo Lo Iacono che quella stessa banda criminale massacrò la sera del 22 giugno del 1947 dentro la Camera del Lavoro in Corso dei Mille, attendono ancora d’avere quel rispetto che si deve ai suoi cittadini uccisi non solo perché uomini onesti, come lo fu sicuramente il giovane Miserendino, ma anche perché comunisti. Mi chiedo: che credibilità possono avere gli ominicchi ed i ruffiani che hanno inscenato oggi quella ipocrita cerimonia usando e strumentalizzando la memoria di Vincenzo Miserendino quando non hanno avuto, fino ad oggi, la dignità di onorare chi ebbe soltanto la colpa di difendere la propria esistenza e quella di tanti altri lavoratori come loro? No, quelli che occupano oggi il Palazzo di città e che il 22 giugno del 2009, come scrive nel suo blog il prof. Casarrubea, alla celebrazione del 62° anniversario della loro straziante fine davanti il luogo dell'eccidio non vollero essere presenti non sono solo ominicchi e ruffiani ma Sciascia, inesorabilmente, li definirebbe per quel che in più sono: oltre che mezzi uomini anche dei quaquaraquà .
Questa mattina una targa marmorea è stata apposta sulla parete della via Grata quando questa confluisce nel Corso dei Mille e che indicava il nome di Vincenzo Miserendino, carabiniere. Una targa alla presenza di rappresentanti di Istituzioni, forze dell’ordine, cittadini e bambini della scuola accompagnati dai loro insegnanti. Le ragioni per cui viene ricordato in questo modo un giovane carabiniere di ventuno anni scampato ai campi di concentramento della seconda guerra mondiale ma massacrato nel nostro territorio dalle raffiche di mitra della banda Giuliano, potrebbe sembrare, dunque, una cosa assai nobile. Ma, ammesso che lo sia per noi seppur a lui Partinico non abbia dato i natali, a maggior ragione AVREBBE DOVUTO ESSERLO di già per la sua città, Petralia Soprana. Con rammarico abbiamo appreso questa mattina dal Sindaco Santo Inguaggiato che fu anche segretario provinciale della CGIL scuola, che a quel suo giovane concittadino morto nell’adempimento del suo dovere, Petralia ad oggi non aveva intitolato alcunché. Solo dopo la cerimonia di Partinico é certo che lo ricorderà , a quanto pare, una scuola che a lui sarà intitolata. Ci sarebbe da dire: meglio tardi che mai. Vincenzo, dunque, per 64 anni (è stato ucciso l’8 gennaio del 1946) era stato dimenticato anche dalla sua città per cui onorandolo noi oggi - a prescindere dalle vere ragioni che hanno spinto Lo Biundo e la sua compagnia a farlo - sarà finalmente perennemente ricordato almeno a Petralia che riscoprirà la storia del suo ragazzo divenuto uomo molto presto per finire massacrato dalla banda Giuliano. E sono certo che ne ricorderanno la vita, quel che fu la generazione alla quale Vincenzo appartenne, le sue tribolazione, la partecipazione ad una guerra ingiusta ed anche infame voluta del fascismo che lasciò macerie ed anche lutti. E di lui se ne ricorderanno, insieme alla sua famiglia, quelli che furono i suoi amici e, infine, la sua comunità. E’ assolutamente certo che Petralia riscoprirà Vincenzo Miserendino - ed é giusto che sia così - perché in quella sua città aveva ed ha ancora le sue radici. Ma a Partinico? A Partinico Vincenzo oggi è stato ricordato ( fino a quando?) ed onorato dai suoi commilitoni vecchi e i nuovi. Ma il carabiniere Miserendino, che quì casualmente lasciò la sua vita, VA DETTO CON CHIAREZZA E SENZA ALCUN INFINGIMENTO, oggi a Partinico è stato “usato” da un misto di ipocrisia e di ruffianesimo interessato da parte di un gruppo che intende davanti gli occhi delle forze dell'ordine, e per ragioni assai comprensibili, apparire per quel che non é e cioé rispettoso della legalità e contro la mafia. Si tratta, ovviamente, di semplice, fumose, espressioni verbali cariche solo di furberia ed accompagnate da parole vuote come vuote sono le loro storie personali.
Questa mattina i miei giovani compagni, durante lo svolgimento di quella cerimonia, hanno compiuto un gesto di grande serietà, responsabilità ed opportunità politica difficilmente riscontrabile in tanti altri della loro generazione che la politica “usano” per finalità personali come hanno usato il giovane carabiniere. Hanno esposto uno striscione ricordando alla città che ancora ad oggi Giuseppe Casarrubea e Vincenzo Lo Iacono che quella stessa banda criminale massacrò la sera del 22 giugno del 1947 dentro la Camera del Lavoro in Corso dei Mille, attendono ancora d’avere quel rispetto che si deve ai suoi cittadini uccisi non solo perché uomini onesti, come lo fu sicuramente il giovane Miserendino, ma anche perché comunisti. Mi chiedo: che credibilità possono avere gli ominicchi ed i ruffiani che hanno inscenato oggi quella ipocrita cerimonia usando e strumentalizzando la memoria di Vincenzo Miserendino quando non hanno avuto, fino ad oggi, la dignità di onorare chi ebbe soltanto la colpa di difendere la propria esistenza e quella di tanti altri lavoratori come loro? No, quelli che occupano oggi il Palazzo di città e che il 22 giugno del 2009, come scrive nel suo blog il prof. Casarrubea, alla celebrazione del 62° anniversario della loro straziante fine davanti il luogo dell'eccidio non vollero essere presenti non sono solo ominicchi e ruffiani ma Sciascia, inesorabilmente, li definirebbe per quel che in più sono: oltre che mezzi uomini anche dei quaquaraquà .
Toti Costanzo