mercoledì 5 gennaio 2011

E IL PRIMO DELL'ANNO 'U LASSARU ARRE' SULU COMU POPO'


Ormai non lo smuoveva più nessuno e piuttosto che rispondere alle osservazioni dei più fidati amici ,chiudeva i pugni,serrava le mascelle, pestava i piedi e strillava. Cosa gli era capitato di così gravemente irritante? Bisogna, dunque, sapere che da tanto tempo gli frullava in testa d’avere “’ncurpuratu” il filosofo Aristotele il quale or sono 2500 anni aveva dato vita alla scuola peripatetica. Una scuola, strumento di indiscussa validità, nata per la conoscenza e la comprensione delle manifestazioni religiose, artistiche, poetiche e letterarie. Aristotele, come è noto, indottrinava i suoi allievi su quelle tematiche girando per i viali del giardino, conversando con loro amabilmente. Ma il Nostro, alle persone a lui più vicine che tentavano di persuaderlo a desistere – e lo facevano con accorta gentilezza ed estrema delicatezza per evitare che la sua eterea figura potesse esplodere in maniera inaspettata ed inconsulta come “un tronu” carnascialesco - diceva: ”Voi non potete capire! La Storia mi ha assegnato un compito al quale non intendo rinunciare, costi quel che costi“.
E lì a raccontare con tanto di  particolari che non c’era notte durante la quale non gli compariva in sogno proprio il Filosofo che gli ripeteva con ieratica solennità e con ragionamenti finemente filosofici:”Mio caro e fedele allievo. Io sono tu e tu sei io e dunque quello che fanno a te lo fanno a me. Tu non ti devi preoccupare più di tanto delle critiche o di qualche sonoro, prolungato ed irriverente oltre che assordante rumore al tuo passaggio che qualifica soltanto chi lo emette. Tu sei stato designato da me quale continuatore della mia divina opera. Dovrai riprendere nelle tue mani ,e ricreare, la scuola peripatetica che tante soddisfazioni mi ebbe a dare e riprenderla la dove io la ebbi a lasciare. Per cui, specie nel primo giorno di ogni nuovo anno, tu devi diffondere ai tuoi allievi luce e sapere oltre che sulla intristita popolazione della tua città ancora ad oggi nelle mani di facinorosi, spernacchiatori di professione, signornò, sciagurati che non hanno compreso come, dopo le tragiche vicissitudini cui ci portarono Giugio e Peppone, questa terra abbia finalmente generato un ingegno, un fiore, una gioia che VI e CI farà grandi. Così tu, memore dei miei insegnamenti, ricostruirai la scuola peripatetica, ti avvarrai di collaboratori con i quali il primo di ogni anno, quando un giorno è ormai finito ed un altro giorno appena incominciato, li intratterrai in un posto sempre  diverso della città perché loro possano gustare i luoghi, i sapori, i saperi e soprattutto gli odori di donnatonina. Farai toccare loro con mano un punto sempre più diverso della stessa esaltandolo, rendendo palpabile ed evidente tutto quel che abbiamo con lo scopo di valorizzare".
E aggiunse: "Vedrai, così, arrivare frotte di tedeschi a fare la fila e chiedere il biglietto d’ingresso pagandolo a qualunque prezzo per potere, parlando con te, visitare lo splendido Parco del Castellaccio. Vedrai schiere di francesi pietire un tuo sorriso mentre reciti al suono di una lira “Ei fu siccome immobile…” musicata per la bisogna, mentre tu attraversi ,in lungo e in largo con passo felpato da gazzella ugandese ,villa “Regina Margherita” rimessa a nuovo e riaperta, per l’occasione, al pubblico mentre a villa Borsellino turbe di giovanette svedesi ti chiederanno il bis alla fine di ogni “vastasa” poesia dell’Abate Mele che tu splendidamente reciterai al punto che Albertazzi “ti pò sulu pariri palicu”. Lungo gli splendidi viali illuminati alla bisogna di “Villa Pino” ti chiederanno l’autografo truppe di signore attempate che ,ospiti del Villaggio “Città del Mare” ,sono alla ricerca continua - come scritto sulle locandine pubblicitarie - di ”brividi blu che puoi dare solo tu”. Alla Cantina trasformata in rifugio “pì tutti ‘i roti” oltre che tua dimora estiva e pub all’occasione, intratterrai il pubblico osannante con il racconto “dell’elmo di Mambrino” mentre le giovinette russe penderanno dalle tue labbra nel sentirti cantare il “Te deum”. Ti chiederanno il bis, che tu concederai, quando davanti a Sal (che ormai crede d’essere unico “comu pilli calli”) per l’evento vestito da alto prelato con Kate vestita, a sua volta, da paggetto, ‘Ntrea dentro i panni di babbo Natale che porta sulle spalle un sacco dal quale ritmicamente compare e scompare la testina di Jhonni, ti lancerai (così come ti precipitasti “’o chianu ra Casa Santa” nell’occasione della collocazione della statua di Piana Suriano verso il monsignore di Monreale) per baciargli la mano. Quando, alla fine, sfinito ma sazio ti chiederanno di recitare ancora “Eran trecento, eran giovani e forti e sono morti” tu li accontenterai inserendo, nel dire, una notevole quantità di pathos che strapperà lacrime come durante la cantata “E la barca tornò sola” del mai dimenticato Renato Carosone. Dunque tu, dimenticando quel primo dell’anno precedente quando la piazza restò vuota, il tavolo per il brindisi avvilito per la presenza di quattro gatti infreddoliti (tra cui due carabinieri e due vigili urbani che pietosamente si ebbero a prestare alla patetica rappresentazione ) e, insieme a qualche sporadico tric-trac ,si sentirono anche le pernacchie di un gruppo di facinorosi che attraversarono la piazza da nord a sud scomparendo velocemente lungo la via Capo dell’Acqua,TE NE DEVI FOTTERE. Non avvilirti,"arma" , il primo di quest’anno, di nuovo “bancareddu”. Ma questa volta in una location sontuosa ed aristocratica. Invita tutti al brindisi della mezzanotte perché tu ti possa rivalere agli occhi di Sal ,oltre che di Giacomino, Mimmuzzu, Vituzzu, Pinuzzu, la sempre affettuosa Kate e "l’illuminante" Jhonni, du’ trunzu da’ mala fiura di l’annu scorsu”. Vedrai che questa volta ti immergerai in un benefico, ristoratore bagno di folla. E ricordati di dare vita con i presenti, nell’occasione, alla scuola peripatetica. E curnutu cu s’arrenni”.
Così disse il filosofo e così LUI fece senza ascoltare nessuno se non il suo intimo convincimento d’incarnarlo fino in fondo. A mezzanotte in punto, all’interno della sontuosa location, girò lo sguardo intorno a sé, vide il vuoto che più vuoto di così si muore, alzò il calice cercando disperatamente con gli occhi Sal, Mimmuzzu, Vituzzu, Pinuzzu, Kate, Jhonni e perfino ‘Ntrea “ che, assenti, “u’ l’assaru sulu comu popò” e disse con voce flebile e sofferta: “auguri”. Sconsolato, poi, rivolse gli occhi al cielo invocando il Maestro: “Maestro - disse - io la scuola la volevo creare. Ma come vedi mi manca ancora qualcosa. Mi manca il “PERI” perché IL PATETICO c’è . E anche quest’anno il patetico sono,purtroppo, io".

Toti Costanzo

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