Ripetutamente, fin dall'insediamento di Salvo Lo Biundo, é stato chiesto con forza dai soliti comunisti ai novelli amministratori, di dare un segno del loro "disinteresse" nell'amministrare la città. Dimostrare cioé, che trattasi di vocazione, abnegazione, spirito di sacrificio, scelta missionaria, francescanesimo. Fu chiesto quasi in ginocchio e con le lacrime agli occhi, voce che grida nel deserto, di autoridursi le indennità allo scopo di sintonizzarsi con il sentimento "di rica" che é sempre più si diffonde nella città."U pitittu, -dicevamo i nostri saggi antenati- mi sta facennu acitu". Come a dire con un ossimoro tutto siciliano che l'acidità é sì il prodotto di cu avi 'a panza china, ma é anche del poveraccio che n'ta panza un ci pò mettiri nenti. Ovviamente, il richiamo, l'appello accorato, l'invito a pietà e misericordia loro rivolto di na ricchia ci trasiu e di una ci nisciu.
Ora succede che gli amici palermitani dei "nostri"(Dore, Francesco, Salvino, Antonello e così via) che si sono installati alla Regione non avendo intenzione alcuna di staccarsi dalle poltrone che anche gli sciacquini locali hanno consentito loro di occupare, hanno deciso di ridurre drasticamente le indennità a Sindaci, Assessori ed anche consiglieri guardandosi, però, dal ridurre, per prima, le loro. 'U meu é meu e a un parmu du' ....etc. etc.
Alla notizia, apriti cielo! Picchiu, imprecazioni, sticchiati, tirrichi-tirrichi. Qualcuno ha dovuto ricorrera ai sali (pare che questo ingrato ma misericordioso compito sia stato, da sempre, appannaggio di Benina). Salvo telefonò ad Antonello; Bartolicchio, che l'aveva preceduto, fu rimandato a Salvo. Salvo scosse la testa pensando a quando la ferale notizia avrebbe dovuto comunicarla anche a Nardo e a Tanino che, appresala di lì a poco, sbiancarono in volto increduli. Degli altri poco si sà. Sappiamo, per vie traverse, che qualcuno aveva avuto il coraggio sfacciato di chiedere al Comandante (dopo avere acquisito una interpretazione azzeccacarbugliolesca della circolare Brunetta per mandarlo anticipatamente in pensione) di fargli intensificare l'azione repressiva nei confronti di ficurinniaria, mulunara, venditori abusivi di cachi e noccioline americane. E tutto ciò per cercare di "far cassa" e tentare di recuperare qualcosa. "E' bbonu ca nni paamu i trasferti" - disse una flebile voce che proveniva da un "coso" non identificato rannicchiato in una delle antiche, storiche poltrone di raso e ricamate in oro collocate nel "salone degli specchi" che avvrano visto, insieme a tanti amori sbocciati tra un ballo ed un'altro ai tempi delle "feste delle matricole", tante di quelle vergogne amministrative da farle diventare di colore indefinito al punto che Gigia fu costretta a rinnovarne i tessuti e restituire loro un minimo di dignità anche decorativa.
Una tragedia che non vi diciamo.
Mentre tutta questa tragedia aveva luogo, il nostro pensiero si rivolse a Cola, il nostro maestro politico e anche di vita. E Cola ci raccontava di quando, durante le prime sedute del primo Consiglio comunale insediatosi dopo la caduta del fascismo e le prime democratiche elezioni, si ebbe a scontrare con il capo delle Guardie campestri.
Era questo un corpo di polizia comunale che dipendeva direttamente dal Sindaco.
Ora bisogna sapere che queste Guardie avevano autonomia amministrativa nel senso che riscuotevano direttamente dai proprietari terrieri quanto spettava loro per il servizio di vigilanza nelle loro campagne. E pare che il capo di quelle Guardie tenesse la contabilità scrivendo gli introiti su di un "quadernetto" che custodiva gelosamente.
Durante un infuocato Consiglio comunale sull'argomento della sicurezza nelle campagne (visto che non vi é niente di nuovo sotto il sole?) fu chiesto da Cola, allora consigliere comunale del PCI, che il capo delle guardie presentasse al Consiglio il bilancio della sua attività.
Il Comandante, che a quanto si susurrava, sul quantum faceva la cresta, resisteva, si smarcava, scantonava e non tirava fuori i conti. E allora Cola a lui rivolgendosi pronunciò una solenne frase che rimase scolpita nella memoria e nella storia della città: "Caro Comandante delle guardie campestri, non é la musica che ti diletta MA E' IL DOLCE QUADERNETTO CHE TI FA' GOLA".
Afrodisiache parole! E' proprio vero: sono passati oltre 60 anni da quell 'avvenimento ed anche "i nostri", come il capo delle guardie campestri sono interessati più che alla musica della politica "al dolce quadernetto". Evviva!
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