Ci sono avvenimenti che in uno specifico momento della vita di una comunità, assumono importanza senza per questo caricarli, necessariamente, di chissà quali particolari significati. Mi riferisco all'incontro che una nostra delegazione ha avuto, lo scorso lunedì, con i rappresenti della terza Commissione consiliare del nostro Comune. Avvenimenti, dicevo, che dovrebbero rappresentare "la norma" in un democratico processo dialettico tra le forze della politica locale, ma che diventano "eccezione" a seconda dei tempi e soprattutto dei soggetti che l'azione politica esercitano.
Nel passato, e cioé durante la cosiddetta Prima Repubblica, lo scontro tra maggioranza che governava ed opposizione (nella fattispecie partinicese, sempre quella comunista) seppur forte, a volte anche durissima, non faceva mai venir meno in quanti detenevano il "potere locale", il rispetto riguardoso nei confronti delle forze della minoranza o opposizione, che venivano tenute in adeguata considerazione in ragione del ruolo, della funzione che queste forze esercitavano quali rappresentanti di un pezzo di società partinicese. In questo senso l'opposizione trovava udienza, veniva consultata e a volte la si cercava per stabilire percorsi comuni anche su questioni di stretta competenza dell'Amministrazione. Un esempio per tutti: la difesa UNITARIA e ad oltranza dell'acqua dell'invaso Poma. In una parola le forze politiche, sia quelle rappresentate che quelle non rappresentate all'interno del Consiglio, costituivano una risorsa COMPLESSIVA per la soluzione dei problemi della città. Una risorsa sicuramente DEMOCRATICA.
Oggi non é più così, o almeno non é più così per Sindaci od Assessori. E non lo é non da ora ma da quando si é perso il senso dell'osservanza delle "regole" anche quelle non scritte, del riconoscimento del ruolo, del rispetto per quanti operano ed agiscono, anche in difformità, ai percorsi politico-amministrativi tracciati dagli amministratori di turno.
Oggi coloro che detengono il cosidetto "potere" reputano che si possa fare a meno della subordinazione alle regole, caricandosi di presuntuoso egocentismo, reputandosi novelli "re sole" se non, addirittura, d'essere "l'ombelico del mondo".
Assemblavo quest'insieme di considerazioni, appunto lunedì scorso quando con un atto di notevole spessore e sensibilità democratica, il Presidente della terza Commissione consiliare del nostro Comune, Nino Gioiosa (prima di lui l'aveva voluto anche il Presidente del Consiglio comunale) ha fatto incontrare ed interloquire una delegazione del mio Partito con i componenti della terza commissione consiliare.
Questo organismo, composto da consiglieri comunali di maggioranza e d'opposizione, aveva lavorato e lavorava per la redazione del Piano triennale delle Opere Pubbliche del Comune elaborando proposte e raccogliendo anche le nostre (ma non solo) frutto dell' esperienza di un Partito che ha storia politica, che ha avuto rappresentanza in Consiglio e presenza anche in precedenti Giunte. Un modesto patrimonio da mettere a disposizione della nostra città.
E, in quell'incontro, abbiamo anche ascoltato le rimostranze di consiglieri d'opposizione che sottolineavano la "sufficenza" con la quale l' attuale Amministrazione governa la città, il rifiuto del confronto, una forma di "arroganza del potere", che sembra caratterizzare ogni giorno di più chi, oggi, governa. Una insensibilità all'ascolto, un rifiuto del confronto, in una parola una incapacità o non volontà al DIALOGO.
E non potevamo che convenire non per semplice cortesia o per il rispetto dovuto alla loro sensibiltà di commissari che hanno inteso ascoltare il nostro Partito, ma perché evidenziavano un reale, serio, importante e grave problema su cui anche noi abbiamo riflettuto: la concezione di autosufficenza che coltivano pezzi delle nuove e nuovissime generazioni di "politici" e di "amministratori" locali i quali, danno l'impressione di non credere nel CONFRONTO quale elemento che arricchisce anche individualmente e, dunque, non credono nella DEMOCRAZIA.
Un fatto grave se non si ritrovano le ragioni dello stare assieme, del rispettare gli avversari, di riconoscere a questi la capacità d'incidere nei processi politici, economici, culturali e sociali. In una parola nel non credere nell'efficacia dell'incontro-scontro, cioé nella dialettica tra le forze, il gusto del confrontarsi, del misurarsi per arricchire se stessi e far crescere sensibilità e cultura nelle pieghe più profonde della nostra società locale.
Sarebbe molto grave se non registrassimo, in tempi brevi, una profonda conversione o più semplicimente una concreta inversione di tendenza.
Toti Costanzo
1 commento:
LU CANTASTORIE
Travagghiu pi lu re , menu ni fa e megghiu è !
A Partinicu lu re è lu sinnacu "totò lu biunnu"
e li 'mpiegati cumunali lu sannu a mimoria
'stu pruverbiu.
Da quannu c'è iddu a mùnciri la vacca pazza
chiddi chi si sucanu lu latti stancanu sulu a sucari
e totò li apprezza e megghiu ci la fa passari.
Cu fa assa' è comu chiddu chi
zappa all'acqua e simina a lu ventu.
Unu ci n'era di li ducentuunu 'mpiegati
chi pi lu re travagghiava survicchiusu assa'
e totò lu biunnu chi vulìa 'mpiegati cu' dui zeri comu ducentu
ci truvà 'na calunia e senza perdiri tempu l'assicutà .
Iddu politicu scienziatu ancora senza làuria
scartau lu jornu pi licinziarlu cu' tanta lungimiranza
e dicritò la data di lu primu maggiu,
propriu la festa di lu travagghiu !
Accussì tutti l’ ‘mpiegati di lu Cumuni ora sannu
chi anchi pi lu re cu menu travagghia megghiu è !
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