giovedì 25 marzo 2010

"CHI TACE E' COMPLICE DEGLI ASSASSINI"

Sono trascorsi quarant’anni – era il 25 marzo del 1970 - da quel pomeriggio che è rimasto fortemente impresso nella mia memoria e, sono certo, in quella di coloro che vissero quella straordinaria esperienza umana che solo Danilo era capace di costruire. Allora non avemmo chiaro quel che stava accadendo se non la sensazione immediata di “sentire” la voce di Danilo ferma ma autorevole, serena ma nello stesso tempo determinata che, attraverso la radio, entrava nelle case del quartiere di S. Gioacchino che io e il maestro Nino Cinquemani attraversammo in lungo e in largo invitando i cittadini a sintonizzarsi su quella frequenza anomala. Una voce che denunciava con coraggio civile quel che stava accadendo nella Valle del Belice sconvolta dal terremoto due anni prima e che lo Stato, di fatto, per quel che riguardava la ricostruzione aveva abbandonato al suo destino. I “poveri cristi” venivano abbandonati, lasciati alle loro sofferenze ed anche umiliazioni mentre tanti morti, ancora sotto le macerie, aspettavano d’avere una sepoltura e i vivi chiedevano d’avere una risposta da parte dello Stato che fosse di perpetua, razionale, solidarietà e non di verbale consolazione. Davanti a noi scorrevano, in quel tardo pomeriggio di una primavera che stava piacevolmente invadendoci, attraverso il suo appello, le immagini di quei giorni che due anni prima tanti di noi abbiamo vissuto per esserci precipitati lì a portare la nostra attiva, immediata, utile solidarietà. Le immagini spettrali della città di Gibellina rasa al suolo, e poi le altre dove ancora resistevano mucchi enormi di macerie così come è avvenuto per la città di Aquila, non ci hanno mai abbandonato. Noi, la nostra generazione, ha vissuto direttamente quei giorni che sconvolsero la nostra terra. La terra di una Sicilia “ballarina” fatta di giorni di paura, di un futuro davanti a noi pieno di incognite, terrorizzati dall’idea d’essere schiacciati in un giorno qualsiasi, in un’ora qualsiasi da un improvviso, imprevedibile sussulto della terra. Paura che ci costrinse a vivere per tanti giorni fuori dalle nostre abitazioni e dentro rifugi di fortuna ma ringraziando Dio che ci aveva risparmiati anche se non potevano non pensare agli oltre mille morti della Valle che chiedevano, ancora dopo due anni, giustizia. SOS, SOS diceva Danilo alla radio quel pomeriggio ."SOS, SOS, quì parlano i poveri cristi della Sicilia Occidentale, attraverso la radio della nuova resistenza. SOS, SOS, siciliani, italiani, uomini di tutto il mondo, ascoltate: si sta compiendo un delitto di enorme gravità, assurdo: si lascia spegnere una intera popolazione. La popolazione delle Valli del Belice, dello Jato e del Carboi…..”

All’imbrunire irruppe la Polizia in assetto antisommossa. Noi sostavamo nella piazzetta adiacente la sede del Centro studi e Iniziative nel Palazzo Scalia. Con violenza inaudita scardinarono il portone, salirono le scale ed irruppero dentro la sala dove Danilo, Pino Lombardo e Franco Alasia avevano installato il trasmettitore ed i microfoni. Li trascinarono fuori ma accompagnati dagli applausi di una piccola folla che intanto si era creata a sostegno dell’iniziativa. A Palermo, ci fu detto, furono interrogati e poi rilasciati anche se denunciati “a piede libero” in attesa di un eventuale processo. La stampa nazionale ed anche internazionale riportò, il giorno dopo, la notizia sulle prime pagine. E’ ormai “storia” che l’iniziativa di Danilo fu concordata anche col Segretario generale del PCI, Luigi Longo, e la collaborazione di Lucio Lombardo Radice insigne matematico e membro della Direzione nazionale del Partito non perché Danilo fosse comunista ma perché quel Partito era l'unico che sosteneva la fine del monopolio dell'informazione via etere nelle mani del Governo dei democristiani. Si trattava di porre all’attenzione dell’opinione pubblica, ed attraverso una forte azione provocatoria, non solo le condizioni di vita dei terremotati e delle popolazioni siciliane - "chi tace, scriveva sui muri Danilo, é complice degli assassini" - ma il diritto all’etere quale mezzo attraverso il quale consentire a tutti di potere manifestare, di diffondere il proprio "punto di vista", il bisogno d’informare che non fosse di parte, pilotato e controllato. Una sconfitta, dunque, non solo per uno Stato ancora allora monopolista e che occupava con la RAI l'etere, ma una battaglia politica portata dentro il Parlamento e che, di lì a poco, permise alla Corte Costituzionale di rendere libero l’etere e disponibile a quanti ne avessero necessità e diritto. Da lì nascono le radio libere e poi anche le TV locali. Una vera e propria rivoluzione che soltanto un uomo come Danilo poteva inventare. Ed “Inventare il futuro”, non dimentichiamolo, è uno dei tanti capolavori di Danilo Dolci scritto appena due anni dopo quel memorabile, indimenticabile, storico pomeriggio .

Toti Costanzo

3 commenti:

patrocini ha detto...

L'evento( il quarantennale) sara' ricordato a Santa Margherita Belice,su iniziativa dell'amministrazione comunale.E i" nostri"?Non ci hanno pensato ?,nessuno glielo ha ricordato?.Concordo sulla sua ricostruzione,che pero' contiene un'imprecisione:Alasia si chiamava Franco.
Saluti

Antonino Partinico ha detto...

Ha ragione Patrocini, Alasia si chiamava Franco e per chi non lo sapesse era il papà di "Walter"

Anonimo ha detto...

Si, hanno ragione Patrocini e Antonino. Con Danilo fu sempre Franco e non Gianni. Gianni é stato dirigente del PCI ( fu anche deputato) passato ,poi, dopo la Bolognina, nel Partito della Rifondazione Comunista dove ancora milita. E Gianni, ieri, é stato a S. Margherita Belice nell'occasione del quarantennale della radio dei poveri cristi. Franco aveva due figli: Bruna a Walter.Io li ricordo ragazzini quando trascorrevano le vacanze estive al Borgo come tanti altri di Partinico e Trappeto .Ho appreso con costernazione attraverso il notiziario della Rai ,quel giorno di Dicembre 1976 a Sesto S. Giovanni ,la notizia del conflitto a fuoco dove rimase ucciso dopo avere tolto la vita a due poliziotti . Nessuno di noi sapeva della sua apparteneza alle BR . Aveva appena 21 anni! Un ragazzo sensibile entrato nelle maglie del terrorisomo nei confronti del quale non abbiamo mai manifestato ,come comunisti, alcuna storica o politica giustificazione. Toti Costanzo