lunedì 5 dicembre 2011

LA DIGA ,L’ACQUA, LA MAFIA E IL MANCATO SVILUPPO


IL CONSORZIO IRRIGUO JATO DI PARTINICO RISCHIA IL FALLIMENTO A CAUSA DEI DEBITI CONTRATTI DAGLI ULTIMI AMMINISTRATORI ( in particolare  per il ruolo negativo degli ultimi tre Consigli  di amministrazione che si sono succeduti fino all'aprile del 2006 )E PER IL NEFASTO QUANTO DISONESTO DECRETO DELL'EX ASSESSORE REGIONALE ALL'AGRICOLTURA DELL'APRILE DEL 2006 , LEONTINI, CHE DI FATTO ESPROPRIAVA DEL DIRITTO ALLA GESTIONE E DISTRIBUZIONE DELL'ACQUA IL CONSORZIO IRRIGUO JATO CHE LO AVEVA ESERCITATO PER OLTRE TRENT'ANNI .
Il prof. Pino Dicevi mi ha chiesto un contributo per una sua prossima pubblicazione che tratta i temi delle risorse idriche nel nostro territorio .Invito che ho accolto volentieri  .


    di Toti Costanzo

 
Alla fine degli anni '50 uno degli scontri più violenti tra la DC e il PCI di Partinico aveva al centro  la questione acqua. Ricordo che ero ancora un ragazzo e mi piaceva ascoltare i comizi che avevano sempre luogo o il sabato o la domenica a piazza Garibaldi i cui oratori comiziavano dal  palchetto della musica. In verità era soprattutto il PCI che allora aveva quali consiglieri comunali Mimi’ Bacchi, Vincenzo Fedele e Cola Geraci che sollevavano con veemenza e ciclicamente  la questione .La piazza Garibaldi era sempre strapiena di cittadini che seguivano con passione gli scontri epocali tra DC e PCI. Gli altri Partiti, all’epoca, avevano un ruolo assolutamente secondario . E fu dal “Palchetto della musica” che appresi della “questione acqua” di Partinico . Il PCI nei suo comizi denunciava come il territorio fosse ricchissimo d’acqua ma questa arrivava con difficoltà nelle abitazioni anche perché - dicevano i comunisti - l’acqua di Partinico il ministro democristiano Bernardo Mattarella di Castellammare del Golfo “sa futtiu e sa purtau ‘o so paisi” . Era avvenuto che attraverso una condotta finanziata ovviamente dalla Cassa per il  Mezzogiorno parte delle risorse idriche di Partinico  , specie quelle delle sorgenti alle falde della Collina Cesarò erano state convogliate in quella città che come tutte le città  costiere di acqua ne aveva ben poca per la scarsa presenza di sorgenti in questi territori  . Partinico, al contrario, “natava supra l’acqua” ( era il modo colorito con cui i popolani manifestavano la loro conoscenza in materia di risorse idriche ) tant’è che non c’era abitazione contadina, ad esempio  nel quartiere della Casa Santa cioè quel quartiere più prossimo alle falde della collina Cesarò ,che non avesse il suo pozzo cosi’ come l’avevano tante altre abitazioni di altri quartieri  . E ciò accadeva non solo prima che nascesse nel 1922 l’acquedotto cittadino ma anche dopo la seconda guerra mondiale.E  fino a qualche decennio fa ancora qualche pozzo resisteva al tempo e alle demolizioni .  Ed era tanta l’abbondanza dell’acqua presente nel sottosuolo che questa emergeva , ad esempio, la dove oggi è stata realizzata Villa Falcone dentro la quale ancora esiste un “laghetto” che altro non era se non un contenitore naturale dove si sversava dalla sorgente coperta e protetta da una “cupola”,il surpuls che emergeva dalle falde .Ma alla fine degli anni ’50 inizia a Partinico un processo che continuerà fino alla fine degli anni ’70 e cioè durante gli anni della sofisticazione del vino , che vede il nostro territorio devastato dall’abusivismo edilizio . Responsabili involontari gli emigrati (vittime di speculatori, truffaldini, mediatori e nelle mani degli amministratori del Comune) che dalla Svizzera e dalla Germania  inviavano risorse alle famiglie con le quali demolire e ricostruire, acquistare nuovi lotti in zone che il buon senso avrebbe dovuto proteggere . Tutta l’area dalle falde della Collina Cesarò e quasi a ridosso del quartiere di “Spine Sante” ,cioè a due passi da Piazza Duomo ed oggi fino ad arrivare al di sopra della ex circonvallazione ora via Benevento,  fu devastato al punto che la cupola non serve più allo scopo per cui era stata costruita e non c’è neppure un litro di acqua che si sversa  nel laghetto  perché le falde si sono letteralmente inabissate. Tuttavia l’acqua nel sottosuolo è ancora abbondante al punto che di recente sono stati  perforati dall’ESA due nuovi pozzi  in linea con la Cantina Borbonica che si aggiungono ad altri due  realizzati in contrada Mirto ma sempre alle falde della Collina e a quelli consegnati negli anni ’70 all’EAS ,l’ente acquedotto siciliano,dall’on. Salvatore Cintola che all’epoca era amministratore della città di Partinico . Un baratto che consenti’ a Cintola di potere collocare in quell’Ente una serie infinita di partinicesi con ruoli diversi: dall’operaio, al lettore dei contatori, agli amministrativi, addirittura a qualche dirigente . Un esercito che fece per alcuni decenni le fortune elettorali del citato ex deputato regionale e poi anche senatore della repubblica recentemente e prematuramente scomparso . Dunque la nostra città insiste su di un grande bacino idrogeologico ma il sistema della distribuzione è tale per cui l’acqua , da sempre, arriva nelle abitazioni per pochi minuti e in giorni alterni. L’acqua che è andata a Castellammare e quella che dai pozzi EAS alimenta Balestrate, si aggiunge a quella delle sorgenti di Cannizzaro le cui risorse ,negli anni ‘90, sono state incanalate per fini potabili nella vicina città di Alcamo. Una forma di lenta espoliazione possibile per il ruolo nefasto che hanno sopratutto avuto gli amministratori del pentapartito a Partinico durante la cosiddetta Prima Repubblica senza dimenticare come con l'insediamento di questo Sindaco ,all'inizio del 2009, venivano consegnate all'Acque Potabili siciliane (APS) società privata le sorgenti ultime perforate alle falde della Collina   .Né alle nostre abitazioni arriva più un sol litro dalle sorgenti di Mirto che, tra l’altro, alimentavano anche la fontanella di Rakali alla quale i contadini che si recavano nei fondi delle contrade di Cambuca e Giancaldaia in particolare ,solevano approvvigionarsi.Cosi' come é quasi esaurita la quantità d'acqua proveniente  delle sorgenti del “lago” che alimentano non solo la fontana degli otto cannoli ma ,incanalata a valle, ne usufruivano ( e come ancora ne usufruiscono seppur in maniera più modesta) , i nostri “iardinara” organizzati in un Consorzio di cui responsabile è il Commissariato di Pubblica sicurezza per ragioni di cui non sono mai venuto a capo .E questi coltivatori che sono oramai in fase di estinzione come categoria sociale ed economica , restano esperti nelle coltivazioni di  ortaggi:  broccoli, finocchi, lattughe,”sparaceddi”, nivea . Ma ad usufruire dell’acqua del “lago” erano , principalmente,  i tre mulini alimentati da un acquedotto formato da tanti piccole arcate che supportavano una condotta in tufo  –“ ’u cunnuttu” - di cui ancora restano significatavi elementi architettonici ,che assicuravano la pendenza all’acqua che muoveva gli impianti di molizione .Sono questi, ancora oggi, elementi rappresentativi di una civiltà economica ormai sostanzialmente scomparsa e quel che resta è circondato da erbacce e rifiuti di ogni genere oltre che in buona parte inglobati abusivamente in una proprietà privata che si stende lungo la via dei Mulini in direzione della borgata dei “ Parrini”  . Dei tre mulini ,il “secondo” in ordine di esistenza ha mantenuto la sua funzione industriale ma stravolto nella sua struttura architettonica ;il “primo” , immodificato rispetto alla sua primitiva costruzione e acquistato ,per fortuna da un imprenditore-scrittore di Borgetto, Franco Billeci,  manterrà la sua identità e struttura con lo scopo di essere trasformato  ,nelle intenzioni, in un importante contenitore culturale; il  “terzo”  ,il più modesto nella dimensione , fatiscente e in stato di totale abbandono. Oggi la nostra città si approvvigiona dalle sorgenti del “lago” ,dai due pozzi di Collina Cesarò recentemente perforati e e in mano all'APS ,da un pozzo di contrada Mirto sempre alle falde della Collina in direzione Borgetto. Né si hanno più notizie di una condotta realizzata negli anni ’80 ,e  costata un miliardo delle vecchie lire ,che doveva portare l’acqua ( per un periodo durante la sindacatura di Gigia Cannizzo svolse questo importante ruolo)   nei nostri serbatoi dal potabilizzatore Cicala da sempre  in gestione all’AMAP di Palermo che si approvvigiona attraverso l'acqua trasferita dall'invaso Poma . Questa azienda municipalizzata utilizza le risorse idriche dell’invaso – nato con lo scopo di trasformare le nostre campagne, per qualificare e specializzare le nostre aziende agricole- avendo cotruito un vero e proprio business da cui traggono vantaggio ,oggi, le città di Balestrate ,Tappeto, Terrasini, Capaci ed Isola delle Femmine (il che è anche condivisibile) che ,però, pagano l'acqua a peso d’oro .Ma si approvvigiona sopratutto la città di Palermo .E l’AMAP nella sua storia è stato sempre un forte contenitore di clientele per i Partiti che la nostra Regione hanno governato nel tempo, cioè uno  strumento di consenso elettorale anche se all’interno dell’Ente esistono importanti risorse professionali che andrebbero svincolate dal cappio del condizionamento clientelare legato ora ai Partiti della cosiddetta seconda Repubblica. Ma,paradossalmente, mentre ne usufruiscono tante città, Partinico dal potabilizzatore Cicala non riceve neppure un litro di acqua per le sue necessità .
Dunque i digiuni di Danilo in via Iannello nel centro del quartiere di “Spine Sante”  ,le lotte  dei comunisti e socialisti di Partinico e delle masse contadine della nostra Piana osteggiati dalla DC e dal clero locale , la grande manifestazione del 2 settembre 1962 nella nostra  piazza Garibaldi con la significativa presenza ,insieme a migliaia di cittadini ,dei rappresentanti più prestigiosi dell’intellettualità nazionale come Ignazio Buttitta, ErnestoTreccani, Carlo Levi  e Lucio Lombardo Radice ,segnarono la svolta decisiva nelle decisioni della Cassa per il Mezzogiorno e dare, quindi, nel 1963 inizio ai lavori della diga .
Ma l’impresa non fu cosa facile e si trovò davanti altri ostacoli oltre che i ritardi della Cassa  .L’invaso ,infatti,il più grande della Sicilia e lungo 6 chilometri a pieno regime ,avrebbe invasato quasi 70 milioni di metri cubi di acqua  e dunque coperto centinaia di ettari di ottimo vigneto ( le cosidette “zotte” cioè zone ad altissimo livello di fertilità per le nostre piantagioni),inghiottendo financo una parte di strada provinciale che porta alla borgata di Grisi’ compreso il suo “ponte di ferro” in contrada Cambuca  . E lo sbarramento in terra si sarebbe realizzato nel punto più profondo del fiume Jato tra due altissimi promontori tra cui quello all’altezza della “Torre Azzalora” di proprietà della famiglia Bonura (un caseggiato ancora esistente sebbene ridotto in pessime condizioni di staticità e nelle mani di allevatori ) nelle cui vicinanze resiste ancora una necropoli bizantina anch’essa in stato di totale  abbandono .E per salvare la necropoli che insiste in un’area di privati negli anni ’80 non mancarono i tentativi non solo del gruppo consiliare del PCI in collaborazione con l’allora sindaco Giuseppe Di Trapani ,ma soprattutto del “Gruppo Studi e ricerche” fondato insieme a Masetto Aiello,Giulio Bosco, Jack Speciale e il maestro Nino Cinquemani animatore per tanti anni non solo dell’UNLA -Unione Nazionale per la Lotta all’Analfabetismo- di Partinico (uno straordinario centro di cultura passato alla storia della città per le sue innumerevoli ed originali  attività)  ma soprattutto guida della Cooperativa turistica“Vacanze alternative” la cui formidabile azione educativa ,purtroppo , si dovette esaurire  alla fine degli anni ’90 .
Ma i terreni su cui doveva insistere l’invaso non fu facile alla Cassa per il Mezzogiorno espropriarli soprattutto perché nacque a sostegno dei piccoli proprietari il “Consorzio degli espropriandi” sostenuto dalla DC e dalla Coltivatori Diretti locale che ebbe quale Presidente  Gaspare Centineo personalità, si dice, organica alla vecchia mafia della Corleone di Luciano Liggio.Tuttavia quel Consorzio svolse soltanto un’azione a tutela dei piccoli proprietari (anche se non mancò di denigrare Danilo) e non risultano azioni che non fossero lecite soprattutto nei confronti del PCI e del PSI che quella battaglia della diga si erano intestati come Partiti politici.
Nel 1963 iniziano i lavori della diga che durano quasi un decennio e che provocarono due morti sul lavoro e alcuni invalidi  ma che videro quale protagonista la straordinaria figura di Salvatore “Turiddu” Termine che aveva fondato nel 1944 e la Camera del Lavoro e lo stesso Partito Comunista .E Termine fu anche animatore insieme a Danilo dello “sciopero alla rovescia“ di via vecchia di Valguarnera . In quelle battaglie si formarono quali dirigenti sindacali non solo Nino Cinquemani “’u russu” (per il colore dei capelli), ma altri come Francesco “Ciccio” Serra che fu poi anche consigliere comunale del PCI insieme a Termine. Con la diga si realizzano i primi lotti di canalizzazione, nasce lo strumento democratico della gestione e distribuzione dell’acqua nella Piana del partinicese, il “Consorzio irriguo Jato “ società cooperativa che associava oltre duemila coltivatori primo esempio in Sicilia di gestione democratica delle acque  e che in questi giorni per i debiti lasciati da coloro che la cooperativa hanno avuto nelle loro mani fino alla stagione 2005 e da uno sconsiderato quanto miserabile  provvedimento dell’ex Assessore regionale all’agricoltura, Leontini, che ha espropriato del suo storico ruolo che discendeva da una convenzione con l’Ente di sviluppo agricolo stipulata nel 1974, rischia il fallimento e dunque la fine di un pezzo di prestigiosa storia partinicese  .
All’inizio degli anni ’70 ,finalmente, l’acqua arriva nelle campagne ,e finalmente si costruisce “ ’u vacili pi’ metticci  l’acqua ” -come soleva definire l’invaso ‘u zzu’ Sariddu Turdo vecchio coltivatore e amico di Danilo - e con l’acqua una forte accelerazione allo sviluppo della nostra agricoltura. Ma con l’acqua dell’invaso , e in coincidenza con gli albori degli anni ’70,  ha inizio la più grande operazione di inquinamento dell’economia e delle coscienze di migliaia di cittadini che trasformarono l’acqua e lo zucchero in vino: la sofisticazione fu un lungo processo su cui la mafia ebbe la totale gestione in combutta con le classi dirigenti del pentapartito, con notevoli pezzi di pseudo tutori dello Stato , che la vollero,la favorirono ,la sostennero e se ne servirono per illeciti arricchimenti e anche per alimentare ed accrescere clientele elettorali .E per tanti anni .Cosi’ le lotte contadine, la passione politica degli anni ‘50,60,’70 ,i sacrifici, l’impegno la generosità di una intera generazione di dirigenti del PCI venivano “digeriti” da una società camaleontica capace come l’idra di ricostruire le teste che con sacrifici immensi e lotte si tentava di recidere.Ma inutilmente. Almeno  fino ad oggi
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