lunedì 29 aprile 2013


Pubblichiamo dal giornale Live Sicilia un articolo che condividiamo D'altronde per sapere cos'é il Megafono basta guardare a Partinico



Il Megafono di Lombardo

Domenica 28 Aprile 2013 - 07:00 

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Il partito di Crocetta, Lumia e del luogotenente Malafarina raccatta, ricicla e centrifuga: a fare la rivoluzione a Catania ci dovranno pensare ii resti dell’armata "autonomista", cambia casacca disposti a tutto pur di accaparrarsi uno strapuntino CATANIA - Avrebbe dovuto essere l’amplificatore della “Rivoluzione” di Crocetta e invece somiglia, ogni giorno di più, a un contenitore di transfughi arrembanti alla ricerca disperata di una remunerativa casacca, quale che sia. I resti dell’armata lombardiana, orfana di guida e affetta da spasmodica bramosia di posizionamento, si sono insediati nell’accampamento del Megafono catanese trasformandolo in un orrido suk in cui si annidano, incontrollati, cambia casacca disposti a tutto pur di accaparrarsi uno strapuntino.

Il partito di Crocetta, Lumia e del luogotenente Malafarina raccatta, ricicla e centrifuga: a fare la rivoluzione a Catania ci dovranno pensare i foraggiati epigoni dello stesso potere che si dovrebbe combattere. Come vendere frigoriferi agli eschimesi, è il mondo di Lombardo che si candida come alternativo al lombardismo. Si sono piazzati, col favore o meno del leader maximo di Grammichele non è dato sapere, nel carro vincente dei nuovi padroni del vapore. Una folla sgomitante di ex caporali di giornata delle schiere lombardiane che aspirano a posti di sottoufficiali nella nuova sinistra sicula. I loro nomi sono rispettabili e conosciuti: da Marco Consoli Magnano di San Lio a Giuseppe Arena passando per Massimo Buscema e consorte, fino a Nuccio Lombardo, per citare quelli più noti. Sono anche tanti altri i transfughi dell’Autonomia, un coro che si accosta al Megafono catanese come vocione gracchiante di sinfonie del lombardismo che si fondono alle litanie orate di banderuole dell’arco costituzionale. La loro rivoluzione è sistemare la giornata, fare il pane con la (mala)farina che si ritrovano, giorno dopo giorno. E’ il paradosso del Gattopardo che vuole fare la rivoluzione con gli stessi pupi della tirannia. Pupi erano quando il padrone aveva i baffi e faceva la tragedia, pupazzi sono ora che il nuovo conducator ha la predilezione per la scena tragica: loro sanno come fare a farsela piacere. Si adoperano per mostrare la loro capacità di galoppinaggio, arte appresa nei lunghi anni del lombardismo. Un piccolo esercito temprato alle prove più dure delle anticamere, in attesa del proprio turno nella colonia crocettiana assieme a compagni di cordata non proprio di primo pelo, un contesto abusato in cui non poteva trovare posto il giudice Acagnino, accantonata per fare spazio al lombardismo “non olet” di risulta.

Forse anche grazie a loro Catania ce la può fare a risorgere dopo i duri anni di Scapagnini, Lombardo e Firrarello: un lungo periodo in cui quelli del Megafono di oggi non c'entrano niente, proprio niente. Niente e così sia.

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